Onorevoli Colleghi! - Con il decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, emanato in attuazione della legge n. 205 del 1999 sulla riforma dei reati tributari, il legislatore ha inteso concentrare il potere sanzionatorio penale sulle fattispecie «effettivamente» lesive dell'interesse fiscale o erariale (interesse alla riscossione delle imposte) e di attribuire all'esclusiva competenza dell'autorità amministrativa, con la tecnica della depenalizzazione, le ipotesi di violazioni formali, «prodromiche», cioè preparatorie alla dichiarazione e, quindi, all'evasione fiscale (per esempio, omessa fatturazione, omessa registrazione dei corrispettivi, irregolare tenuta delle scritture contabili, omesso versamento di ritenute eccetera), che non concretizzano evasione fiscale, ma mere irregolarità formali, lesive «dell'interesse alla trasparenza tributaria».

      Si tratta, in altri termini, di violazioni di mero pericolo «astratto» rispetto all'interesse fiscale.

      Molte di queste violazioni, fino all'entrata in vigore del citato decreto legislativo n. 74 del 2000, avevamo trovato collocazione nel titolo I del decreto-legge n. 492 del 1982, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 516 del 1982.

      L'anticipazione eccessiva della tutela penale aveva una sua ragione, che consisteva nell'offrire al giudice penale gli strumenti per intervenire prontamente nel

 

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campo dell'illecito penale-tributario, senza dover «dipendere» dagli accertamenti degli uffici finanziari.

      Si trattava, cioè, di sgomberare dal campo di applicazione la così detta «pregiudiziale tributaria», che a contrario, comportava la paralisi dell'azione giudiziaria, fino alle risultanze degli accertamenti amministrativi.

      Il meccanismo della pregiudiziale, introdotto dall'articolo 56 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, se da un lato era stato ispirato da un'esigenza di maggiore precisione nella determinazione dei redditi e dell'imposta (rectius della relativa ricostruzione), delegando la funzione ispettiva esclusivamente all'amministrazione finanziaria, dall'altro lato rinviava eccessivamente nel tempo la celebrazione dei processi penali, causando un dispendio inutile di risorse e una perdita dell'efficacia ed effettività della sanzione penale.

      Il citato decreto-legge n. 429 del 1982 non aveva comunque risolto l'inconveniente dell'eccessiva lungaggine dei procedimenti penali, poiché il già esiguo esercito dei giudici si era trovato sommerso da un'impressionante mole di lavoro, costituito soprattutto da reati bagattellari, che solo in rari casi venivano regolarmente sanzionati, a discapito di quella «attenzione dovuta» verso le forme gravi di criminalità tributaria.

      Il decreto legislativo n. 74 del 2000 ha scongiurato il ritorno al passato della pregiudiziale tributaria, confermando il principio dell'autonomia (o del doppio binario) tra il procedimento penale e il processo tributario (articolo 20).

      A un'esigenza di politica di diritto criminale, incentrata sulla pena come extrema ratio, si affianca un'altra esigenza, strettamente collegata alla prima, ovvero quella di rendere la macchina giudiziaria più celere.

      Il decreto legislativo n. 74 del 2000 attualmente vigente disciplina tutti i reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto. Il provvedimento contiene sette fattispecie delittuose: quattro in materia di dichiarazione (articolo 2: dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti; articolo 3: dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, articolo 4: dichiarazione infedele; articolo 5: omessa dichiarazione); tre fattispecie in materia di documenti e di pagamento di imposte (articolo 8: emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti; articolo 10: occultamento o distruzione di documenti contabili; articolo 11: sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte). Appare evidente che di fronte al ripetersi di forme gravi di criminalità tributaria e a fronte dell'incapacità dell'attuale esecutivo di reprimere episodi sempre più ricorrenti, come quelli di recente attualità e di inaudita gravità, si impone un'immediata modifica della legislazione vigente, con l'introduzione di norme più severe sotto il profilo sanzionatorio. Pertanto ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di provvedere a una modifica delle disposizioni penali del decreto legislativo del 74 del 2000, attesa l'improcrastinabilità di un immediato intervento di razionalizzazione e di armonizzazione del sistema penale tributario, in particolare per ciò che attiene alle più gravi fattispecie criminose poste in essere da cittadini italiani residenti all'estero, che attraverso il ricorso al sistema della doppia residenza fiscale evadono o eludono il fisco in misura tale che appare insufficiente il ricorso alla sola sanzione penale, s'intende:

          a) prevedere un ristretto numero di fattispecie, di natura esclusivamente delittuosa, caratterizzate da rilevante offensività per gli interessi dell'erario e dal fine di evasione o di conseguimento di indebiti rimborsi di imposta, punite con una pena detentiva compresa tra tre e sei anni, con esclusione del ricorso a circostanze attenuanti ad effetto speciale;

          b) prevedere la modifica del titolo III del citato decreto legislativo n. 74 del 2000, in particolare con l'introduzione tra le pene accessorie della misura della perdita della cittadinanza italiana.

      La presente proposta di legge, in attuazione delle finalità esposte, prevede pertanto la modifica degli articoli 5 e 12 del decreto legislativo n. 74 del 2000.

 

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